Arrow: recensione dell’episodio 7×12 Emerald Archer [150° episodio]

Sembra ieri che Arrow festeggiava il giro di boa dei 100 episodi quando – in un battito di ciglia – la serie capostipite dell’Arrowverse arriva al traguardo dei 150 con Emerald Archer, una puntata che serve da omaggio al passato e da valutazione del presente, con qualche significativo passo avanti verso il futuro.

Girato come un documentario intitolato “L’incappucciato e la diffusione dei vigilanti” e narrato dalla voce di Kelsey Grammer (Frasier), Emerald Archer debutta mostrando i volti di Quentin e Sara Lance e di Thea Queen che, seppure per un brevissimo e gradito intervento, sono tutto ciò che serve per ricordare ai fan di vecchia data quanta acqua sotto i ponti sia passata e quanto le cose siano cambiate in 7 anni: nel bene o nel male questo è un giudizio che viene lasciato ovviamente al pubblico.

Fin dai primi secondi è evidente come Emerald Archer sia diverso dal solito, un episodio di Arrow che, più di quanto non faccia normalmente, si può permettere in questo frangente di giocare con la regia di Glen Winter, offrendo al pubblico inquadrature e punti di vista insoliti, riuscendo soprattutto a bilanciare documentario e realtà con i ritmi ed i tempi giusti e dando così anche alla storia il modo di progredire. Nel suo essere un omaggio al passato, questo 150° episodio, è anche fortemente Team Arrow-centrico, all’interno di una stagione in cui (non necessariamente per il peggio) ci si era allontanati da una formula che non ha sempre fatto la fortuna della serie.
La conclusione dell’episodio è infatti che non solo Dinah finirà per rivelare davanti al sindaco di Star City di essere Black Canary, ma che a tutto il Team Arrow, Rene, Curtis e Diggle compreso, verrà concesso lo stesso trattamento di Oliver, bypassando di fatto la legge anti-vigilanti promulgata dalla città e fortemente appoggiata dall’attuale sindaco, concedendo loro di diventare collaboratori della Polizia.
Ai fini di ciò che ci attende da qui in avanti, e se questa conclusione significherà che torneremo ad avere uno show troppo poco incentrato sul protagonista e sovraffollato di personaggi in maschera, non possiamo che sospendere il giudizio per mancanza di prove.

Quel che è certo è che, nel complesso, Emerald Archer è un episodio ben riuscito e godibile, con il giusto tono nostalgico ed un buon equilibrio narrativo e con una serie di inevitabili Easter egg: Rene che chiama Emiko NGA, non-Green Arrow, la citazione di Adam Hunt – la prima vittima dell’incappucciato nel pilot della serie – e quella di Helena Bertelli, alias HuntressRory Regan, alias Ragman, la comparsa di Barry Allen, nonché l’omaggio all’attuale showrunner con il personaggio della dottoressa Schwartz e quello al presidente di The CW con la produttrice del documentario che prende il cognome proprio da Mark Pedowitz e l’apparizione, nei flashback, di un nuovo personaggio accanto alla Blackstar di Katherine McNamara e cioè Connor Hawke (Joseph David-Jones), il figlio di John e Lyla già apparso nella prima stagione di Legends of Tomorrow.

Il problemi tuttavia – e come spesso accade ormai in Arrow – arrivano quando si va più in profondità e ci si pongono delle domande più che legittime su ciò che si sta guardando, come per esempio: se il documentario finisce per diventare un prodotto pro-vigilanti, perché mostrarli mentre infrangono costantemente la legge senza che le forze di polizia abbiano nulla da dire in proposito? (Vedi il modo in cui entrano senza mandato nel covo del cattivo dell’episodio, scassinando la serratura).
Perché l’ARGUS concede ad una telecamera di entrare all’interno di un’organizzazione governativa che dovrebbe proteggere i suoi appartenenti, mostrandoli senza alcun problema, Curtis compreso? Quando viene intervistato esattamente Diaz e, se avviene all’interno dell’ARGUS, perché nessuno si domanda cosa stia facendo lì dentro, Oliver compreso? Che scopo avrebbe dovuto esattamente raggiungere il sindaco di Star City organizzando un’unitile conferenza stampa con Oliver vestito da vigilante? Che fine hanno fatto Rory ed Helena? Sono morti per mano di uno dei cattivi più ridicoli della storia di Arrow, che si rivela essere solo un fan un po’ troppo intraprendente, disposto ad uccidere per del buon merchandising, o si sono salvati (senza le maschere)? Perché la famiglia di un ragazzo espulso da un collegio non riceve una telefonata a casa ed i genitori di William non vengono coinvolti in una decisione tanto drastica per il futuro del figlio?
Il mistero permane.

Per quanto concerne i flashforward, come accennavamo, nei minuti finali dell’episodio non scopriamo solo che il documentario in questione è stato bandito e tutte (o quasi) le sue copie sono state distrutte, ma anche che il personaggio della McNamara frequenta il figlio di Diggle – nato John Thomas “JJ” Diggle, Jr. – che, in un futuro ormai cancellato dalle Leggende, aveva perso il padre in una Star City messa a ferro e fuoco da Grant Wilson/Deathstroke e lasciata a se stessa, motivo per cui, non sentendosi degno del proprio nome per non aver salvato la vita del padre, lo aveva cambiato in Connor Hawke. Nella breve scena finale sentiamo anche Connor chiamare la sua amica “Mia“, confermando come la ragazza sarà quindi una rivisitazione di Mia Dearden che, nei fumetti, si unì a Green Arrow come sua spalla con il nome di Speedy, dopo essere stata salvata da quest’ultimo.

La settima stagione di Arrow va in onda negli Stati Uniti ogni lunedì su The CW, mentre in Italia arriverà a partire da martedì 12 marzo 2019 su Premium Action.

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