Arrow: recensione dell’episodio 7×04 Level Two

Level Two è l’episodio della settima stagione di Arrow che, più di ogni altro, ci ha permesso di osservare il futuro di Roy Harper (Colton Haynes) e William (Ben Lewis) i quali, seguendo le coordinate fornite dal talismano regalato al figlio di Oliver (Stephen Amell) da Felicity (Emily Bett Rickards), sono giunti in una apocalittica Star City fino al grattacielo della Smoak Technologies.

Come i fan della serie ben sapranno, nell’attuale timeline dello show, in cui esiste la Helix DynamicsFelicity non ha ancora fondato la Smoak Technologies, che tuttavia è già stata citata nell’Arrowverse – nel sesto episodio della prima stagione di Legends of Tomorrow intitolato Star City 2046 – quando Felicity Smoak diede un nuovo nome alla Palmer Technologies tra il 2016 e 2031.
Nella puntata Roy e William si imbattono in un’invecchiata Dinah Drake, nei panni di Black Canary, che li salva dall’attacco di un poliziotto e che, dopo aver detto a Roy che non dovrebbe trovarsi in città, spiega loro lo status della disastrata Star City, rivelando come, intorno ai confini del quartiere di The Glades, sia stato costruito un muro per dividerlo dal resto della città, facendolo diventare una sorta di terra di nessuno in cui prolifera la criminalità e agenti di polizia prezzolati fanno il buono ed il cattivo tempo, rendendo infernale la vita delle poche persone oneste che sono rimaste chiuse all’interno di questo moderno ghetto.
(Sì, il riferimento al muro di Trump è ovviamente palese).
Ad unirsi a questa rimpatriata arriva anche un’ormai cresciuta Zoe Ramirez (Andrea Sixtos), la figlia di Rene, con indosso una maschera da vigilante e una spilla sulla giacca che rappresenta il simbolo di Canary nei fumetti e che la stessa Dinah le ha regalato da bambina in questo episodio, ma nel passato. Zoe comunica ai nuovi arrivati che il Rene del futuro è ancora vivo, ma non si trova più in città, senza specificare i motivi per cui non possa apparentemente tornarvi e che lei stessa, con Dinah, fa parte della “Resistenza dei Vigilanti” rimasti a difendere gli abitanti di The Glades. Sarà a questo punto che Dinah comunicherà a William e Roy, convinti ancora che il talismano datogli in dono possa condurli da lei, che la Felicity del futuro è morta, come lo stesso Oliver.

Tutti gli indizi forniti in questo consistente Flash Forward suggeriscono come gli autori potrebbero essersi ispirati per questa timeline alla trama di Archer’s Quest, una storia in sei albi pubblicata dalla DC Comics tra il 2002 ed il 2003 e creata da Brad Meltzer, Phil Hester e Ande Parks. La storyline del fumetto si incentra sulla ricerca del redivivo Green Arrow di una serie di potenzialmente pericolosi cimeli a lui appartenuti nel passato.
In questa storia Oliver Queen – morto a causa di un’esplosione quando cercò di impedire ad un gruppo di eco-terroristi di cui faceva parte di attaccare Metropolis ed uccidere persone innocenti – torna in vita grazie all’intervento di Hal Jordan e si unisce a suo figlio Connor Hawke, che nel frattempo aveva raccolto la sua eredità di arciere mascherato, per recuperare i suoi averi, uno dei quali conservato nel Museo di The Flash che, non a caso, è stato recentemente mostrato in un flash forward di un episodio di The Flash.
Se davvero questa fonte di ispirazione fosse confermata è possibile che l’Oliver Queen del futuro non sia davvero morto, come è altresì plausibile che Roy e William abbiano raccolto l’eredità del fumetto e, al posto degli Oliver e Connor della carta stampata, siano stati chiamati dagli indizi lasciati da Felicity a recuperare qualcosa di particolarmente prezioso per la loro timeline.

Per quanto concerne il presente, la più inquietante trama riguarda sicuramente la permanenza di Oliver nel “Secondo Livello” del Carcere di Massima Sicurezza di Slabside nel quale, per mano di un sedicente psichiatra di nome Jarrett Parker (Jason E. Kelly), subisce infinite torture al fine di essere, di fatto, riprogrammato.
Deprivazione sensoriale, digiuno forzato, stimoli uditivi, droghe, macchine per la tortura, nell’episodio viene usato di tutto per piegare la volontà di un uomo che cerca in tutti i modi di resistere e, tra i molti metodi illeciti, il peggiore è forse la tortura psicologica, infarcita di mezze verità, usata dal dottor Parker per spezzare la sua resistenza.
Lo psichiatra, non a torto, insinua infatti che non sia mai stato giusto da parte di Robert Queen, pretendere che il figlio rimediasse ad ogni costo e con ogni mezzo ai suoi sbagli, soprattutto in circostanze così delicate e poco prima di suicidarsi per salvargli la vita. Oliver è chiaramente consapevole del fatto che vi sia qualcosa di vero nelle parole di Parker, non per nulla ha da tempo espiato “i peccati” del passato decidendo di smettere di usare la lista di suo padre, di uccidere i propri nemici ed unendosi, nella sua missione di vigilante, ad un gruppo di persone in grado di controbilanciare la sua parte più oscura. In risposta, inoltre, all’insinuazione che egli stesso possa essere come suo padre Robert, gli autori ci mostrano la commovente scena in cui Oliver si immagina, dopo il naufragio, nei panni del padre, ma con accanto William, per il quale si sacrifica uccidendosi, ma  – diversamente da quanto successo a lui – non prima di averlo pregato di vivere felicemente la propria vita, senza lasciargli sulle spalle il peso dei propri sbagli.
Tutte questi dettagli, nonostante la fine dell’episodio sembri suggerire che il dottor Parker sia riuscito nel suo intento, ci lasciano più di uno spiraglio di speranza per il nostro eroe e la sua sanità mentale.

Come ci è già successo di sottolineare, dove l’episodio lascia invece più a desiderare, è nei momenti in cui deve riprendere le file, giustificandola, della discutibile trama dello scorso anno, qualcosa che succede in parte sia con Dinah che con Laurel.
Nel primo caso bisogna dare credito agli autori di aver quasi trovato una sorta di giustificazione credibile che spieghi il voltafaccia di Dinah, trasformatasi da vigilante ad integerrimo capo della Polizia, attraverso il dialogo di quest’ultima con Diggle, al quale l’ex Black Canary rivelerà la paura dell’oscurità in cui era caduta quando indossava la maschera della vigilante, un timore che l’avrebbe condotta alla decisione di intervenire a favore della comunità senza usare necessariamente i metodi del passato. Ciò che chiaramente la Dinah che arresta Rene per aver aiutato il nuovo Green Arrow a fuggire, non ha ancora raggiunto, è un compromesso tra i due eccessi: una via di mezzo che finirà per trovare quando lei stessa, alla fine dell’episodio, aiuterà il nuovo misterioso vigilante.

Katie Cassidy, per contro, sembra destinata a vestire i panni di personaggi imbevuti di contraddizioni. Con la stessa, discutibile, velocità con la quale il personaggio originale di Laurel Lance si era trasformata in una vigilante per raccogliere l’eredità della sorella, così vediamo in questa stagione la Laurel di Terra-2 destreggiarsi nel suo ruolo di procuratrice distrettuale, come se non avesse fatto altro nella vita. Per quanto controverse siano queste circostanze, il personaggio – pur non avendo mai spiegato gli autori perché Larel-2 non abbia permesso a Green Arrow di uccidere il Dragone quando ne ha avuto l’opportunità – trova, in parte, la salvezza quando torna a vestire i panni di Black Siren a fianco di una Felicity completamente concentrata sulla sua missione di eliminare Ricardo Diaz.

Ma anche nei confronti del personaggio interpretato da Emily Bett Rickards abbiamo qualche obiezione: nonostante sia ovviamente piacevole constatare come Felicity abbia giocato d’astuzia con The Silencer, illudendola di essersi liberata da sola per farsi invece condurre al nascondiglio di Diaz, ci sono molti aspetti della storyline che la vede protagonista che meriterebbero – a livello narrativo – un maggior approfondimento emotivo. Non tutto il trauma vissuto da questo personaggio coraggioso e, almeno al momento, incredibilmente solo può essere infatti ridotto ad un monotono ed insistente ripetersi della frase “non ho più nulla da perdere“, non per altro per dare un maggiore spessore al suo dolore e un più ampio margine di lavoro ad un’ attrice che ha dimostrato più volte le sue doti drammatiche, il che è un problema che ci auguriamo che gli autori comincino ad affrontare prima che la trama legata al personaggio venga semplicemente a noia.

La settima stagione di Arrow va in onda negli Stati Uniti ogni lunedì su The CW.

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