Per comprendere l’idea che si cela dietro a Ted Bundy fascino criminale, titolo originale Extremely Wicked, Shockingly Evil and Vile, il film che racconta un nuovo punto di vista della tragica esistenza di uno dei serial killer più famosi della storia, bisognerebbe capire per prima cosa perché il regista abbia scelto di fare questa pellicola e quale sia il suo background.
Joe Berlinger documentarista pioniere del genere “true crime“, autore tra gli altri di Conversazioni con un Killer: il caso Bundy disponibile su Netflix anche in Italia, ha sempre dedicato nella sua carriera una grandissima attenzione alla necessità di una riforma del sistema giudiziario americano ed al problema delle ingiuste condanne. Ed è in un certo senso con questo approccio che si è avvicinato al copione di Michael Werwie che – raccontando la storia di questo nefasto personaggio dal punto di vista di Elizabeth “Liz” Kloepfer (Lily Collins) – ha provato a mostrare la realtà in una maniera diversa, tentando cioè di rappresentare Ted Bundy nel modo in cui Liz ed il resto del mondo lo vedevano e in quello stesso modo che gli permise di ingannare così tante vittime innocenti. Nonostante le critiche rivolte alla pellicola per la scelta di assegnare la parte del protagonista a Zac Efron, un attore noto per la sua prestanza fisica, è evidente come il regista non sia un innocentista, ma abbia appositamente scelto di esaltare alcuni dei tratti di Ted Bundy con lo scopo di tentare impartire una lezione e mettere gli spettatori in guardia dal rischio di associare superficialmente il bello al buono, uno sbaglio che commisero in molti ai tempi del processo del serial killer che divenne un vero e proprio fenomeno mediatico con il suo procedimento penale trasmesso in televisione e seguito dai media di 50 stati e ben 9 paesi stranieri, un record per quegli anni.
Immagini promozionali ©2019 Netflix
Il film, una visione in parte romanzata del suo rapporto con due donne molto diverse che hanno avuto entrambe uno stretto rapporto con il killer: la Kloepfer, che mise gli investigatori sulle su tracce con una denuncia anonima ai tempi in cui conviveva con Bundy a Seattle e dopo aver visto un identikit pubblicato su un quotidiano, e sua moglie Carole Ann Boone (Kaya Scodelario), dal quale Bundy ebbe una figlia quando era già in carcere e che continuò a professare la sua innocenza, non si sofferma mai con morboso voyeurismo sui dettagli più raccapriccianti degli efferati omicidi del Killer, ma commette forse l’ingenuo errore di non condannarne con maggiore forza le azioni.
La scelta stessa di Efron diventa così a volte un’arma a doppio taglio, al netto di un’interpretazione notevole da parte dell’attore, che riesce a imitare con incredibile realismo i modi, l’accento e la gestualità del vero Bundy, nello sforzo del copione di mostrarne il lato più affascinante ed accattivante, impedisce al protagonista di esplorare la mortale duplicità del killer, nonché il suo lato più oscuro, mostrando così al pubblico una versione in un certo senso monodimensionale di Bundy.
La pellicola, divisa in tre atti, gioca inizialmente con l’idea dell’innocenza di un uomo che sembra troppo perfetto per commettere crimini tanto atroci, per poi descrivere la sua rocambolesca fuga e concludersi con la parte migliore, il processo al killer, quasi riportato alla lettera, anche se ovviamente non nella sua interezza, in alcuni dei momenti più famosi con un brillante John Malkovich nel ruolo del Giudice Edward Cowart e Jim Parsons in quello dell’avvocato dell’accusa, Larry Simpson.
Nello sfondo due personaggi che restano centrali per lo svolgimento del racconto, l’amata e rimpianta Liz, la donna che contribuì alla cattura di Bundy e che ne fu indirettamente un’altra vittima, tanto da darsi all’alcoolismo da cui uscì solo grazie al supporto della famiglia e Carole Ann, la groupie caparbiamente fedele e sorda a qualsiasi verità, che rappresenta un vuoto morale e di valori non meno preoccupante di quello del tristemente noto assassino.
A dispetto del fallimentare tentativo di ritardare la propria esecuzione, Ted Bundy morì sulla sedia elettrica trent’anni fa, il 24 gennaio del 1989, senza che il suo oscuro mito sembri a tutt’oggi aver subito gli effetti nocivi del tempo.
Ted Bundy fascino criminale, distribuito in alcuni paesi da Netflix, in Italia uscirà al cinema a partire dal 9 maggio 2019.